Genmei legittimatrice di sovrane?

L’Imperatrice giapponese Genmei (661-722), regnante dal 707 al 715, inaugurò il Periodo Nara con lo storico trasferimento della capitale a Heijō-kyō. 

Tra le decisioni più significative dell’Imperatrice ricordiamo la decisione di fare compilare il Kojiki (712), il “Registro di Cose Antiche”, ovvero la più antica cronaca giapponese dalla creazione divina fino al regno dell’Imperatrice Suiko (regnò tra il 593 e il 628).

Quindi un’imperatrice, la quarta sul trono, che narra una Storia che legittima il governo femminile, in un periodo che sfavoriva, secondo l’influenza cinese, la successione femminile.

In questo contesto narrare la mitologica Imperatrice Jingū e soprattutto l’imperatrice Suiko serviva a legittimare la sua posizione e a radicarla profondamente nella tradizione giapponese.

Con la morte prematura del figlio (l’Imperatore Monmu) e la successione a favore del nipote (il futuro Shōmu), Genmei stava di fatto fungendo da reggente e “custode” della linea dinastica. 

E mettere in luce le donne che avevano governato prima di lei era un modo per affermare la stabilità e la capacità di governo delle donne nella linea imperiale. Creando così un modello per le future imperatrici, come la figlia che le successe – l’Imperatrice Genshō che regnò dal 715 al 724.

Genmei enfatizzò le radici uniche del Giappone e questo testo contribuì a definire l’identità nazionale e la sacralità della dinastia imperiale, indipendentemente dal genere del sovrano.

La decisione di Genmei. di far compilare il Kojiki, fu quindi una mossa politica e culturale che documentò il passato e consolidò il presente gettando le basi per il futuro. 

Un’operazione purtroppo dimenticata, se pensiamo all’attualità e alla difficoltà, in Giappone, di accettare un’imperatrice in assenza di un imperatore.

Immagine: Imperatrice Genmei – Dominio pubblico, via Wikimedia Commons