Le sorelle Mirabal: oltre la leggenda

La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne ricorre il 25 novembre, una data scelta in memoria delle sorelle Mirabal che proprio in quel giorno dell’anno 1960 furono fatte assassinare dall’allora Presidente della Repubblica Dominicana, Trujillo.

Le sorelle Mirabal erano in tutto quattro. Di esse, tre furono uccise da sicari inviati dal dittatore domenicano che non tollerava il desiderio di libertà e l’opposizione politica di queste donne e delle loro famiglie. Le tre sorelle assassinate si chiamavano Aída Patria Mercedes Mirabal Reyes (1924), María Argentina Minerva Mirabal Reyes (1926) e Antonia María Teresa Mirabal Reyes (1935).

L’unica sopravvissuta fu Bélgica Adela Mirabal Reyes, chiamata anche Dedé (1925).

Le tre sorelle assassinate sono oggi ritratte sulla banconota domenicana da 200 pesos e sono stati dedicati loro libri, film e documentari. E a ricordarle vi sono anche statue, monumenti, vie e scuole.

E’ importante far rivivere la storia di quattro donne vere e in carne e ossa, andando oltre le statue e l’effige stampata sulle banconote. E questo possiamo farlo attraverso le parole che la sorella sopravvissuta, Dedé Mirabal, ha raccolto nella sua opera Vivas en su jardin. La verdadera historia de las hermanas Mirabal y su lucha por la libertad”.

A Dedé, che rimase in vita solo perché non si trovava nella stessa auto con le sorelle e non era un bersaglio del dittatore, la sorte assegnò il compito di crescere i nipoti e mantenere viva la memoria delle sorelle fino alla creazione di una casa museo con annesso un giardino, luogo amato dalle donne della famiglia Mirabal, nonché simbolo di speranza.

Dedé, con il suo fardello, è stata la memoria storica, la persona capace di ricostruire i fatti e, in certi casi, di correggere gli errori compiuti nelle diverse ricostruzioni della storia delle sorelle. Tra questi ultimi figura anche quello di una foto in cui Dedé viene scambiata con la sorella Maria Teresa.

Grazie al libro “Vivas en su jardin” conosciamo una tradizionale e benestante famiglia domenicana che raccoglie al suo interno personalità molto forti e innovative. Se è vero che per molti anni i genitori si opposero all’istruzione universitaria delle figlie – all’epoca molto rara per le donne e non fondamentale in una famiglia di mercanti – è altrettanto vero che il padre regalò un’auto alla sorella più intraprendente – Minerva – nel tentativo di farla desistere dallo studio. Non dimentichiamoci che una ragazza automunita rappresentava un fatto molto raro nella Repubblica Domenicana dell’epoca.

Minerva, come riportato da tutte le fonti, era la sorella coraggiosa e intelligente che ha avvicinato le altre sorelle alla politica, con l’eccezione di Dedé. Fu Minerva a scatenare l’ira del dittatore, rifiutando di sottomettersi alla volontà del dittatore Trujillo che pare non si facesse alcuno scrupolo a drogare le giovani per sedurle più facilmente.

Minerva era bellissima, intelligente, alta, elegante, determinata, coraggiosa, sportiva ed abituata ad usare pantaloni con i quali era comunque elegantissima, oltre che comoda. Secondo la leggenda, in occasione di un ballo organizzato dal dittatore, Minerva lo schiaffeggiò “provocando” così il cataclisma.

La leggenda vuole che la futura eroina Minerva Mirabal schiaffeggiasse il dittatore mentre erano impegnati a ballare, mentre secondo la testimonianza diretta della sorella Dedé, ci fu invece soltanto il seguente scambio di battute fra lei e il dittatore:

Trujillo: Y si yo mando mis seguidores a conquistarla?

Minerva: Y si yo los conquisto a ellos?

Lui, parlando di politica, le propose di mandarle alcuni suoi sostenitori a conquistarla, in modo da poterla avere dalla sua parte, ma Minerva rispose che sarebbe stata lei a conquistarli. (cfr. P. 100)

La giovane danzante non schiaffeggiò con la mano il dongiovanni dittatore, come vorrebbe la leggenda, ma lo ferì con il pensiero e la lingua tagliente. Armi più pericolose di un guanto di raso o di una mano delicata.

Dopo questo scambio di battute, un forte acquazzone costrinse la famiglia ad abbandonare velocemente la festa, cosa proibita senza il permesso del dittatore. Nei giorni seguenti la famiglia si scusò in tutti i modi sia con telegrammi sia attraverso l’intercessione di persone vicine al dittatore.

Trujillo fece interrogare il padre delle ragazze, trattenendolo per diverso tempo e arrecandogli danni alla salute. Poi fece interrogare Minerva e da qui cominciò l’odio verso la famiglia di donne che osavano criticare apertamente l’uomo più potente e spietato della Repubblica Domenicana.

La persecuzione fu costante e portò all’allontanamento della maggior parte dei loro amici.

A volte la vita pareva scorrere normalmente, tanto che nel 1952 Minerva convinse la famiglia a permetterle di iscriversi all’Università. Quando Trujillo lo scoprì, le impedì di studiare. Per poter continuare a farlo, la ragazza fu costretta a leggere un discorso in onore del dittatore. (Cfr. p. 111)

La sorella Patria si avvicinò alla politica solo in un secondo momento, perché più “tradizionale” e più dedita alla famiglia e alla religione, ma rimase acconto alle sorelle fino alla morte.

Antonia Maria Teresa, la sorella più giovane nota per i bellissimi capelli lunghi e neri viene descritta come molto intelligente e come una giovane che “todo lo investigaba y no olvidaba jamas el mas minimo detalle”. (Cfr. p. 83)

Maria Teresa studiò all’università e sposò Leandro, un compagno di lotte di Minerva e di Manolo, ovvero l’eroe nazionale la cui moglie veniva chiamata in codice “mariposa”, ovvero farfalla.

Grazie a Dedé e alla sua opera, impariamo a conoscere anche altre persone, tra cui l’amica Isabel Tavarez, rimasta vedova del dottor Enrique Lithgow Ceara per mano di Trujilo, e che ospitò suo cugino Manolo, all’epoca fidanzato di Minerva. Ospitare una persona indesiderata era già di per sé un atto di coraggio e inoltre, l’essere una delle prime donne della zona ad usare pantaloni corti era un altro segno di indipendenza e coraggio che le sorelle ammiravano e le riconoscevano. (Cfr. p. 120)

Di Minerva scopriamo che utilizzava l’aereo per spostarsi da Manzanillo alla capitale per i suoi studi universitari. (Cfr. p. 128) E sulla politica di Minerva e Manolo scopriamo che non si influenzarono a vicenda ma che semplicemente nutrivano gli stessi ideali ancora prima di conoscersi e “sin buscarse se econcontraron y cada uno complemento’ al otro con sus ideas”. (Cfr. p. 125)

E un altro dettaglio interessante riguarda il fatto che Minerva aveva 29 anni quando si sposò. Studiava ancora, avendo dovuto attendere anni per potersi immatricolare e … Manolo era più giovane di alcuni anni. Ma lei non se ne vergognava, come vorrebbe invece la leggenda costruita intorno alla sua figura.

Minerva era una eccellente studentessa e una madre che considerava i libri come il dono più prezioso per sua figlia. Nel 1957 si laureò, ma Trujillo le negò il riconoscimento, rendendo di fatto la sua laurea “inutile”.

Trent’anni dopo, la Facultad de Derecho de UASD assunse il nome di “Minerva”, che fu proclamata Doctora en Dercho Summa Cum Laude. Questo fu un altro dei tanti riconoscimenti tardivi alle sorelle Mirabal.

Nell’ambito dei movimenti anti regime ai quali presero parte anche loro, sette donne furono incarcerate – tra cui anche Minerva e Maria Teresa. Una fu anche torturata, ovvero l’ingegnera Sina Cabral. Le donne furono stipate in celle anguste assieme a criminali comuni, per poi essere messe agli arresti domiciliari per le pressioni internazionali e la visita della Oea.

Minerva Mirabal era diventata l’ossessione di Trujillo che non poteva lasciarla in vita visto che non solo non si era piegata ai suoi voleri ma era diventata leader dell’opposizione. E così il dittatore ordinò l’uccisione di Minerva, Maria Teresa e Patria e dell’autista che le accompagnava.

La morte delle sorelle e dell’autista fu determinante nel ridare consapevolezza al popolo e portare alla fine dell’era Trujillo.

Spettò ai sopravvissuti, in particolare alla sorella Dedé, crescere i figli delle sorelle senza odio Né rancore, proteggendoli al contempo dalle costanti aggressioni dei militari contro i figli dei traditori del regime. (Cfr. p. 282)

Dedé diventò una assicuratrice di successo e poté far istruire i figli e nipoti, svolgere un ruolo importante nel settore del cacao organico e dar vita alla casa-museo con annesso il giardino, oltre a incontrare ogni giorno adulti e bambini insegnando loro a non lasciare spazio alle dittature.

Queste donne avevano moltissimo da perdere ma non si tirarono comunque indietro. Sacrificando la propria vita per gli ideali in cui credevano, hanno cambiato il mondo in cui vivevano e permesso a migliaia di persone di riacquistare libertà e pace.