Ci ispiriamo all’opera “Madame de Stael. La donna che cambiò la cultura europea” di Paola Giovetti, per presentare una personalità straordinaria.
Anne-Louise Germaine Necker (1766 – 1817), baronessa di Staël-Holstein e nota come Madame de Staël fu una scrittrice e un’intellettuale francese di origini svizzere.
Poche righe di “presentazione” che non sono minimamente sufficienti a raccontare l’importanza storica o la natura vulcanica, irresistibile e inarrestabile della baronessa. I contemporanei dicono che sapesse entrare nel cuore delle persone e influenzarne i pensieri. Sicuramente nessuno poteva rimanere indifferente.
Anne Louise Germaine fu sempre coraggiosa e pagò a caro prezzo ogni sua parola. Napoleone Bonaparte non esitò ad esiliarla, visto che aveva la colpa di permettere nel suo salotto, la libera conversazione, che includeva anche critiche nei confronti di Bonaparte. Esiliata, perse gli amici più cari (alcuni furono anche arrestati) e vide bruciare le migliaia di copie stampate del suo capolavoro – “De l’Allemagne” – di cui però riuscì a salvare il manoscritto trafugandolo in Inghilterra.
Una donna esiliata, a cui bruciarono le opere e arrestarono gli amici, che non perse la sua integrità, nemmeno nei confronti del suo peggior nemico, ovvero l’osannato Napoleone a cui non esitò tuttavia di salvare la vita informandolo di un possibile attentato contro di lui.
Madame de Stael era una donna libera, di una intelligenza, una cultura e uno spirito senza eguali. Contraria alla politica napoleonica, sognava un mondo aperto, un’Europa dove le idee potessero circolare liberamente, indipendentemente dalla nazionalità e dai nazionalismi. Amante della Francia e di Parigi, fu critica verso la cultura francese dell’epoca che considerava fossilizzata. Era una donna franca, schietta e sincera. Amare la Francia significava criticarla per spronarla.
Tra i molti meriti che le vengono riconosciuti, uno dei più importanti fu quello di aver fatto conoscere il romanticismo tedesco in Francia e in Italia. In Italia, il suo articolo “Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni”, pubblicato nel 1816, segnò la nascita del movimento romantico italiano. In questo elaborato, Madame de Stael invitava gli italiani a uscire dal culto del passato, senza per questo sminuirne il valore, per aprirsi alle nuove correnti e alla cultura europea.
Si può affermare che “Madame de Stael ha cambiato la cultura europea; i suoi scritti hanno diffuso le idee di un nuovo movimento culturale, il Romanticismo, e una nuova visione della società, più libera, più aperta alla conoscenza e alle esperienze.” (p. 151)
Molti non ne apprezzarono l’esuberanza, la velocità di pensiero, la capacità e la voglia di approfondire ogni tema, caratteristiche che risultarono insopportabili. Charles Maurice de Talleyrand e il generale di Montesquieu faticavano a tollerarla e non esitarono a criticarla. Per contro, Stendhal, Vincenzo Monti e Lord Byron mostrarono piena ammirazione e stima.
Diversa la posizione di Goethe che faticò sempre ad entrare in sintonia con Germaine, a causa dell’esuberanza e – per i costumi tedeschi – della sua sfacciataggine. Questa difficoltà non influì però sull’affetto che provava nei suoi confronti. Anche Schiller l’ammirava, ma sempre con delle riserve a causa delle differenze caratteriali.
Tra i tanti testimoni diretti della baronessa, ci fu anche la Granduchessa Luise von Hersen – Darmstad, moglie del Granduca Carl August.
La nobildonna stimava la baronessa sia come letterata che come persona; in particolare ne apprezzava la bontà d’animo e la mancanza di cattiveria o malizia. Un apprezzamento di tutto rispetto, considerato che la granduchessa, apparentemente una donna timida ed introversa, in realtà sapeva essere decisa e ferma nelle sue decisioni. Questo inaspettato carattere attirò l’attenzione di Napoleone che di lei disse: “Ecco una donna alla quale neppure i nostri duecento cannoni hanno potuto far paura” (p. 66)
L’esperienza diretta di Goethe ci illumina ulteriormente sulla personalità di Madame de Stael. Di lei racconta: “Mi arrabbiai davvero, le dissi che era incapace di vera partecipazione, aggiunsi che era entrata in casa mia abbattendo la porta e stordendomi con quel duro colpo; e subito io avrei dovuto fischiettare la sua canzonetta e saltare da un argomento all’altro!” (p. 69) E sul De l’Allemagne “La sua opera sulla Germania fu come un potente strumento che fece la prima breccia nella muraglia cinese di antichi pregiudizi alzati tra noi e la Francia” (p. 78)
Ci sono diversi aneddoti affascinanti su Madame de Stael. A 46 anni ebbe un figlio da John Roca, più giovane di 22 anni. E ancora il racconto di quando il barone de Montet, ufficiale di origine francese assegnato alla guarnigione di frontiera, giunse in Russia e disse: “Non ci sono dunque al mondo che tre potenze indipendenti: l’Inghilterra, la Russia e Voi”. (p. 123)
Napoleone e Germaine non erano compatibili. Lei cosmopolita ed europeista, vedeva negli altri un arricchimento culturale. Lui invece desiderava omologare per sottomettere. Per Bonaparte la letteratura era una cosa politica da controllare. Per Madame, una libera espressione dello spirito.
Già esiliata da Parigi, le venne offerta la possibilità di elogiare Napoleone nell’opera “Corinna o l’Italia”, scritta in esilio e pubblicata nel 1806. Non lo fece e Napoleone confermò l’esilio. La sua “De L’Allemagne” venne sequestrata e data alle fiamme. Con il manoscritto che però lei riuscì a salvare, Madame de Stael andò fino in Inghilterra con l’intento di far pubblicare l’opera. Tuttavia, poiché Napoleone aveva chiuso tutti i porti, dovette scappare fino in Russia, poi in Finlandia e Svezia da cui raggiunse l’Inghilterra.
Alla fine Napoleone riconobbe l’errore affermando: “Ho avuto torto, mi ha fatto più nemici in esilio di quanti me ne avrebbe fatti in Francia” (p. 145). Lui la perdonò, ma lei preferì vivere da esiliata per mantenere la sua integrità intellettuale.
Madame de Stael fu così moderna da proferire frasi come: “Nei tempi moderni bisogna avere spirito europeo, costruire un’Europa intellettuale senza frontiere politiche. Per attenuare odi e pregiudizi”. (p. 128)