L’ultima principessa birmana

Digitando il nome June Rose Yadana Bellamy (1932 – 2020) scopriamo che fu la quarta moglie del presidente della Birmania Ne Win oppure… tanto altro!

Le donne spesso sono identificate con la famiglia, con il marito minimizzando, in questo modo, la storia ed i meriti personali. Un caso esemplare è quello dell’autrice di “Le mie nove vite. Da Madalay a Firenze. L’autobiografia dell’ultima principessa birmana”.

È vero che Yadana si sposò con il generale Ne Win ma alle spalle aveva diverse esperienze lavorative, artistiche e sentimentali. Era piena di iniziative, indipendente, volitiva, capace di stare “in società” e allo stesso tempo di aggiustare un motore, pilotare un velivolo, cacciare nella giungla birmana.

Grazie al matrimonio il generale tentò di trarre beneficio usando il nome Limbin quasi venerato a Rangoon e a Mandalay. Mentre Yadana, che sperava in un ruolo attivo, ottenne una frattura allo zigomo e un danno di immagine, dato che misero in giro voci false su di lei.

Da ragazza, in Birmania, aveva fatto l’infermiera volontaria durante la guerra; a diciotto anni aveva vinto un viaggio studio negli Stati Uniti e protestato contro la segregazione razziale; sposata con il medico italiano dell’Oms Mariano Postiglione trattò con i guerriglieri, nella giungla, quando venne rapito. Nel 1960, nelle Filippine, lavorò per la tv come giornalista riscuotendo successo. In Italia, con il nuovo compagno Lazzaro, noto pittore, imparò a dipingere e divenne un’artista quotata. E solo nel 1975 sposò il generale per poi separarsi rapidamente e stabilirsi a Firenze dedicandosi all’arte e alla cucina orientale.

June Rose è stata davvero una donna dalle nove o… anche mille vite. Piena di passione, indipendente, energica.
Il suo libro non è solo una lettura piacevole, interessante, coinvolgente ma è anche una fonte di ispirazione.