Abbiamo parlato delle prime parlamentari, ma non delle prime elettrici, le prime aventi diritto al voto, che tutti immaginiamo aver votato il 3 giugno del 1946 senza però sapere che … quarant’anni prima, il 25 luglio 1906, la Corte di appello di Ancona, presieduta da Ludovico Mortara, aveva accordato il diritto di voto a dieci donne marchigiane.
Un fatto eccezionale (di cui possiamo documentarci leggendo “Dieci donne. Storia delle prime elettrici italiane”. Di Marco Severini) che permise a dieci intraprendenti maestre marchigiane di rimanere iscritte alle liste elettorali dei rispettivi Comuni di residenza per dieci mesi.
Fu la celebre Maria Montessori, il 26 febbraio 1906, sulle pagine del giornale “La vita” ad esortare le donne a iscriversi nelle liste elettorali politiche “ribadendo il concetto che nessun divieto era espressamente determinato dalla legge”. (Cfr. p. 20)
Il proclama di Maria Montessori ebbe successo: numerose donne fecero richiesta di iscrizione alle liste e undici commissioni elettorali le accolsero, anche se vennero bocciate dalle relative Corti di appello.
Solo Mortara riconobbe che era “quasi un’interpretazione consuetudinaria quella che negava quel voto” alle donne (Cfr. p. 23). La sentenza Mortara andò oltre la consuetudine, riconoscendo il diritto di voto. Non aveva precedenti e destò molte critiche e poche lodi. Successivamente fu una sentenza della Cassazione a rovesciare la sentenza: ancora una volta la tradizione, espressa come consuetudine, era riuscita a prevalere sul testo costituzionale e la legge. (Cfr. 33)
Il giorno 8 maggio 1907, il ricorso del procuratore del re presso il tribunale di Ancona portò alla cancellazione dalle liste politiche delle dieci maestre marchigiane. (Cfr. p. 41)
Il tempo cancellò i nomi di queste donne che, a quanto pare, non tramandarono la memoria di questi importanti fatti. (Cfr. p. 44) Solo grazie alle ricerche negli archivi conosciamo i nomi, i dati anagrafici, le informazioni professionali e poco altro delle prime elettrici italiane.
All’epoca, le maestre erano dipendenti comunali e pertanto avevano spesso scambi epistolari e discussioni con i vari sindaci. Delle dieci marchigiane sappiamo che avevano un’età media di 28 anni, erano diplomate e tre di loro avevano frequentato corsi universitari; perlopiù di famiglia modesta; otto si sposarono (una a 85 anni); alcune ebbero figli ma nessuno degli eredi tramandò la loro storia.
I loro nomi sono Adele Capobianchi (1881); Carola Bacchi (1885); Dina Tosoni (1884); Emilia Simoncini (1881); Enrica Tesei (1884); Giulia Berna (1871); Giuseppina Berbecci Graziola (1878); Iginia Matteucci (1864); Luigia Mandolini (1866); Palmira Bagaioli (1880).
Dalle poche informazioni di cui disponiamo, scopriamo che erano spesso precarie, conducevano una vita tutt’altro che facile; spesso insegnavano in scuole rurali e disagiate, ma non per questo erano prive di coraggio, capaci di protestare e chiedere un aumento di paga.
Interessante la storia della maestra Giulia Berna che nel 1893 insegnò in stato di gravidanza, senza essere sposata con il futuro marito, il veterinario Antonio Storani. Anche se si sposò subito dopo, per il Consiglio scolastico provinciale di Ancona, questo non eliminava il cattivo servizio e per questo venne sospesa per tre mesi. (Cfr. p. 153). Ma Giulia non era una donna mansueta e insieme al padre e alla famiglia protestò diverse volte con il Comune e la Giunta, per diversi motivi. (cfr. pp. 154 – 157)
Nemmeno Emilia Simoncini, Iginia Matteucci e la maggior parte di esse si lasciavano mettere i piedi in testa. Quando serviva, scrivevano, protestavano, chiedevano giustizia!
Forse non potremo immaginarci il significato del loro gesto, né conoscere la gioia o l’orgoglio o la consapevolezza dell’essere le prime dieci elettrici. Ad oggi non abbiamo molte notizie al riguardo, né diari, memorie o racconti familiari. Ma possiamo ricordarle come le prime dieci donne iscritte alle liste elettorali come elettrici e, dato che erano maestre, possiamo supporre che la passione e l’intraprendenza non sia passata inosservata agli occhi dei loro scolari e concittadini.